Rinascimento Marchigiano: in mostra le opere restaurate dopo i terremoti

Crivelli, di origine veneta, soggiornò stabilmente ad Ascoli e, dai primi anni ottanta del 1400, a Camerino, ma eseguì numerosi dipinti per Ancona, per Fermo e per Fabriano. Nelle Marche morì, in un luogo non ancora accertato, tra il 1494 e il 1495. Le sue tavole ricche di ori, decorazioni elaborate e dettagli raffinati, erano presenti nelle chiese di centri anche piccolissimi della regione. Molti di questi sono stati duramente danneggiati dai diversi terremoti. “Sembrano ormai lontane – scrivono i curatori della mostra Papetti e Moriconi nell’introduzione al catalogo – le drammatiche giornate dei mesi di agosto e di ottobre del 2016 quando nell’entroterra appenninico la terra tremò violentemente mietendo molte vittime, distruggendo interi paesi come Amatrice e Arquata del Tronto, causando il crollo di edifici monumentali patrimonio della civiltà europea, danneggiando molte opere d’arte mobili: danni materiali ed immateriali, determinanti per la disgregazione dell’identità stessa di una vasta area legata al contesto sibillino, che nonostante l’impegno profuso dalle istituzioni ancora devono essere in parte risarciti. A quei danni che tutta la stampa mondiale ha documentato, si aggiungono quelli più recenti prodotti nel novembre del 2022 da una scossa avvenuta nel Mare Adriatico che ha danneggiato una delle chiese più conosciute della città di Ancona, la chiesa del Santissimo Sacramento a dimostrazione che il terremoto in questa regione non risparmia nessuno, né l’entroterra appenninico né la fascia costiera”.

Per cercare di arginare l’effetto “di lunga durata prodotto dal sisma”, quello che rischia di mandare perduta per sempre l’identità storica, culturale e sociale dei territori colpiti, per la seconda volta ANCI Marche e Pio Sodalizio dei Piceni hanno finanziato l’iniziativa “Rinascimento Marchigiano” che già nel 2019 era stata promossa da questi due soggetti. “Le opere selezionate – spiegano Papetti e Moriconi – vengono dai luoghi colpiti dalle scosse telluriche del 2016 e, individuandoli su una cartina geografica, si scopre che la maggior parte di essi si colloca lungo i cammini percorsi dai pellegrini che fino al XIX secolo hanno intrapreso questa pratica espiatoria: non è dunque difficile immaginare che dinnanzi a queste immagini sacre si siano raccolte in preghiera non soltanto le comunità locali ma anche milioni di forestieri mossi dal desiderio di effettuare un percorso interiore salvifico”.

Dopo l’esposizione a Roma nel Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni, e dopo la tappa a Palazzo dei Capitani di Ascoli (fino al 23 marzo), dunque, la mostra arriva alla Mole Vanvitelliana di Ancona (dall’11 aprile al 15 giugno), per poi essere ospitata, nella tappa successiva, a San Severino Marche. Il progetto, sulla scia della prima edizione del 2019, è focalizzato sulla valorizzazione e promozione del patrimonio storico artistico proveniente da chiese e musei di comuni colpiti dal sisma del 2016-17 (area Sud della regione Marche) e del novembre 2022 (province di Pesaro Urbino e Ancona).

Sono due le opere anconetane in mostra ed entrambe le chiese del capoluogo che le ospitano sono attualmente chiuse a causa del sisma del 2022. La prima è un crocifisso ligneo a rilievo su croce sagomata con cielo blu stellato, realizzato per la chiesa paleocristiana dedicata al Santissimo Salvatore di Ancona (oggi Santi Pellegrino e Teresa, dopo i rifacimenti settecenteschi), restaurato da Maria Laura Passarini. Il Crocifisso, risalente al XIII secolo (legno di pioppo policromo cm 189,5 x 183; croce cm 249 x 206), rientra nella tipologia del Christus Triumphans come quello di Matelica, anch’esso esposto in mostra. Il Crocifisso di Ancona proviene dalla chiesa paleocristiana dedicata al Santissimo Salvatore, restaurata in epoca medievale tra il 1213 e il 1224 e poi conosciuta con il titolo di San Pellegrino per la presenza delle reliquie del martire Pellegrino rinvenute nella chiesa. In età moderna la chiesa parrocchiale officiata dai padri Carmelitani Scalzi venne demolita e ricostruita sotto il titolo dei Santi Pellegrino e Teresa (agli Scalzi) nei primi anni del Settecento. A partire dal secolo XII molte chiese d’Occidente si erano dotate di grandi crocifissi in cui il Cristo sulla croce veniva rappresentato vivo e trionfante in quanto Salvatore dell’umanità e così continuò a essere rappresentato in epoca romanica. L’intervento, reso necessario dalla presenza di gravi e diffusi segni di attacco xilofago pregresso e attivo che è stato causa di lacune nel supporto, è stato mirato alla migliore conservazione del bene, ma senza la ricostruzione di parti perdute nel corso del tempo.

È anconetano anche l’olio su tela San Carlo Borromeo in gloria e santi (1625-1630) di Cesare Dandini (Firenze 1596 – 1657), un’opera di grandi dimensioni (470×240 centimetri) che si trova nella chiesa del Santissimo Sacramento, restaurato a cura di Maria Veronica Soro. L’opera – spiega Nadia Falaschini nel catalogo – “era stata dipinta successivamente a un fatto clamoroso occorso a Dandini, il quale dopo il 1625 circa “erasi dato di buon proposito alla divozione, ed alli studi dell’arte sua”. Rifugiatosi nella pittura Dandini dipinse soprattutto pale d’altare per varie chiese della Toscana, ma non solo. Questa pala di Ancona a Dandini fu commissionata dal musico Giovan Battista Severi legato alla corte medicea per l’altare dedicato a San Carlo Borromeo, nominato nel 1610 protettore della Confraternita del Santissimo Sacramento istituita nel secolo precedente e che officiava nella chiesa edificata (1539-1543) dopo essersi sottoposta al capitolo della basilica di San Giovanni in Laterano (1538). La rappresentazione di san Carlo Borromeo è abbastanza ricorrente nell’iconografia dell’arcivescovo milanese nel secolo XVII, il quale con i santi Ignazio di Loyola e Filippo Neri fu l’artefice della riforma della Chiesa dopo il Concilio di Trento”. All’interno dell’opera è presente anche la figura di San Lorenzo, significativa per Ancona in quanto a questo santo era dedicata l’antica basilica edificata sul monte Marano (colle Guasco) destinata poi nel Basso Medioevo alla cattedrale di San Ciriaco.

Oltre alle opere di Carlo Crivelli, Antonio Vivarini, Pietro Alamanno e Cola dell’Amatrice, si segnala anche la presenza di uno dei capolavori di Lorenzo d’Alessandro, conservato al Museo Piersanti di Matelica ma proveniente dalla scomparsa chiesa di San Michele Arcangelo. Si tratta della «Madonna in trono col Bambino e sant’Anna, san Rocco e san Sebastiano» (seconda metà del XV secolo). La tavola, prima dell’attuale intervento di restauro, si presentava in pessimo stato di conservazione con numerosi e vistosi distacchi della pellicola pittorica dal supporto; sul retro essa era inoltre vincolata da un complesso sistema di contenimento a reticolato che è stato rimosso e sostituito. Il percorso espositivo comprende anche opere del XVII secolo di Ludovico Trasi e Giuseppe Puglia detto il Bastaro.

Ma torniamo alla magnificenza degli abiti di San Sebastiano e alle parole del professor Stefano Papetti, che hanno aperto questo pezzo. L’interessante spiegazione è stata parte di un lungo intervento di Papetti nella sala del Consiglio Comunale di Ancona, in occasione di un pomeriggio di formazione organizzato il 17 marzo dall’assessorato alla Cultura e rivolto in particolare a operatori turistici, guide e docenti delle scuole anconetane. “La mostra – afferma a questo proposito l’assessore alla Cultura Marta Paraventi – sarà anche l’occasione per seguire un percorso di visita e conoscenza, oltre che dell’esposizione, anche della Mole nel suo complesso e del Museo Omero. Vogliamo coinvolgere attivamente nella promozione della mostra tutti quei soggetti che per il loro ruolo possono trasmettere informazioni, organizzare visite e sensibilizzare studenti, cittadini e turisti rispetto a questo evento. In questo modo non saranno solo gli enti e i soggetti organizzatori a farsi parte promotrice, ma gli strumenti per la diffusione delle informazioni saranno forniti a una parte più ampia e attiva all’interno del tessuto economico, sociale e culturale del nostro territorio”.

La mostra sarà quindi l’opportunità per promuovere con i cittadini l’attività culturale del Comune di Ancona, oltre che il territorio e il turismo. E lo testimoniano anche le scelte relative alla bigliettazione: il biglietto di ingresso a prezzo pieno sarà di 8 euro, ma, proprio nell’ottica della promozione delle proposte culturali, del territorio e della promozione turistica, la giunta ha stabilito una serie di agevolazioni rivolte, oltre che ai cittadini di Ancona, agli studenti universitari e ai turisti che, contestualmente alla visita della mostra, soggiorneranno ad Ancona o pranzeranno in città. Oltre al biglietto di 8 euro, quindi, è prevista una tariffa di 5 euro per i residenti del Comune di Ancona, gli studenti universitari con tesserino, gli over 65, i ragazzi sotto i 25 anni, i possessori di card Feltrinelli e Marche Teatro, gli iscritti al FAI, Italia Nostra, Touring Club e Icom, i soci ACI e i soci COOP, le famiglie non residenti ad Ancona con minori al seguito. La riduzione è prevista inoltre per coloro che pranzano in un ristorante di Ancona, hanno soggiornato almeno una notti nelle strutture ricettive marchigiane, visitano la mostra con un accompagnatore residente nel Comune di Ancona. Entreranno gratuitamente i ragazzi al di sotto dei 16 anni, i giornalisti muniti di tessera dell’Ordine, le guide turistiche iscritte all’albo nazionale, le persone con disabilità e i loro accompagnatori. L’ingresso sarà gratuito anche per i visitatori ospiti, per almeno 2 notti, nelle strutture ricettive di Ancona.

Margherita Rinaldi

Foto di copertina: Carlo Crivelli (Venezia, 1430 circa – Ascoli Piceno? 1494-1495) Secondo trittico di Valle Castellana. Madonna con il Bambino in trono fra i santi Sebastiano e Antonio Abate seconda metà del secolo XV – tempera su tavola cm 133,5 x 52; cm 132 x 39,5; cm 134 x 39.
Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica (inv. 316)
Restauro a cura di Katiuscia Testa Chiari, Michele Aureli, Serena Petrelli

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